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Giovedì 13 Febbraio 2025

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Quattro chiacchiere con l'architetto Ozza

Il nostro obiettivo? Fare rete. Una rete di professionisti che sappia rendere ogni progetto realtà. Una rete di esperti che collaborino per dare vita a un sogno, che trasformino idee in spazi concreti. Solo attraverso collaborazioni di questo tipo, un progetto prende forma.

Abbiamo incontrato l’architetto Matteo Ozza durante i lavori di un progetto che abbiamo portato a termine insieme. L’abbiamo intervistato per questo numero del Magazine e abbiamo dato il via a questa nuova rubrica che ospiterà, di volta in volta, tante figure professionali che operano nel territorio. Conosciamolo meglio.

Arch. Ozza, partiamo dalle presentazioni ufficiali: ci parli di lei, di cosa si occupa, in quale territorio opera e quali sono i suoi progetti. 

Mi chiamo Matteo e sono un giovane architetto. Non poteva essere altrimenti, dato che provengo da una famiglia di tecnici: papà, zio, cugina sono anche loro architetti e ingegneri. Ci occupiamo di nuove costruzioni, sia civili che industriali, ma anche di ristrutturazioni e locali commerciali per il pubblico, operando principalmente in provincia di Lecce.

Se le chiedessimo: innovazione o tradizione?

Vi direi subito innovazione, sebbene sia fondamentale rispettare la tradizione.
Senza innovazione, però, non possiamo andare avanti. Grazie a questa riusciamo ad avere nuove tecniche, nuovi materiali, nuovi strumenti che ci permettono di migliorare il risultato che vogliamo raggiungere.

Non è una questione di scelta, ma di necessità: diventa fondamentale innovarci e trovare sempre nuovi metodi per raggiungere i nostri obiettivi progettuali.

È un po’ la sua storia, la gestione di questa progressione, tra la tradizione di una famiglia di tecnici alle spalle e l’innovazione che porta lei...

Beh, sì. Lavoro in uno studio che ha 30 anni di attività. Possiamo definire i miei familiari, ormai anche colleghi, come “tradizione”, perché ha visto la parte antica delle costruzioni. Io, invece, sono la nuova guardia che porta rivoluzione nel sistema e nel modo di operare, perché introduce nuovi strumenti, programmi e modi di progettare molto più moderni e visuali.

Un esempio? L’uso dei render, per visualizzare il progetto prima della realizzazione effettiva e valutarlo insieme al cliente, che vedrà in anteprima come sarà la sua casa. Ecco, diventa importante avere un rapporto con il cliente, perché solo così riusciamo a raggiungere il risultato.

Ci parla di fiducia, quindi. Quanto è importante?

Tantissimo. Quando il cliente ti affida un lavoro, deve lasciarti spazio e modo di esprimere creatività, altrimenti diventa tutto limitante. A lungo andare si perde energia, ne risente il progetto, la sua parte funzionale. Se c’è fiducia, invece, il risultato è assicurato.

Quanto il territorio, da un punto di vista creativo e professionale, influenza il suo lavoro?

Io ho studiato a Firenze, città bellissima, per me probabilmente la più bella d’Italia, e ho avuto la possibilità di rimanere lì. Eppure, ho scelto di tornare a casa. Perché amo il sole, il mare e soprattutto le persone che territorio lo abitano.

Non posso che contribuire per valorizzarlo, utilizzando i materiali che gli appartengono ed esaltando il verde che di cui è colmo.

C’è una forma di rispetto intrinseca, inevitabile: parto sempre da un’analisi progettuale per preservare il territorio, adatto gli interventi per rispettarlo quanto più possibile.

Cosa ci dice a proposito delle collaborazioni professionali in Salento?

La squadra fa tanto e, se è forte, raggiunge risultati incredibili!

Con Cosimo, ad esempio, il rapporto è nato in seguito ad un progetto che abbiamo curato insieme, io come architetto, lui come project manager.
Ecco, Cosimo, oltre ad essere giovane come me, avere potenzialità e voglia di fare, è stato innovativo e lungimirante, quando ha creato questa figura che qui in Salento ancora non c’era:

ha unito una rete di professionisti collegandola diretta- mente a lui, che ne diventa l’unico referente.
È un vantaggio per il cliente, che deve interfacciarsi con una sola persona, ma anche per noi tecnici, che sappiamo di doverci relazionare unicamente con lui. Un altro plus? La sua capacità di gestione del tempo, il rispetto delle consegne.

Preferisce ristrutturare o fare nuove costruzioni?

Per mia propensione, preferisco costruire ex novo, perché riesco a gestire meglio gli spazi.
Qui in Salento, abbiamo ancora possibilità di farlo - mentre in altre zone d’Italia incombe il vincolo paesaggistico - ed esprimere al meglio la nostra idea progettuale.

Anche la ristrutturazione, però, diventa una sfida interessante: basti pensare alle volte a stella, alle volte a botte. È bello avere a che fare con la nostra storia e la nostra cultura, perché ci si imbatte in una sovrapposizione di varie epoche. Ci vuole più impegno per trasformare un vecchio deposito in una nuova abitazione.

Nel suo lavoro, l’intelligenza artificiale è un’opportunità o una minaccia?

È un’opportunità, un forte aiuto per la progettazione e, soprattutto, per la visualizzazione del progetto. Io ancora non la utilizzo, ma so che tanti colleghi lo fanno. Dal punto di vista creativo, invece, non la considero una minaccia.

Noi saremo sempre un passo più avanti, dato che l’intelligenza artificiale non crea, ma non fa altro che riprendere cose già esistenti. Manca di essenza e di anima.

Quanto è comune qui in Salento affidarsi all’architetto come figura guida?

Per fortuna, si sta diffondendo sempre di più l’idea, ma c’è alla base ancora un po’ di paura. Forse prediligono altre figure professionali, come quella del geometra, ma è importante capire che opera in ambiti diversi. Ognuno fa il suo, quindi, è bene avere a propria disposizione una squadra che comprenda un architetto, un geometra e un ingegnere: queste figure devono collaborare tra loro.

Qual è il lavoro che ricorda con maggiore soddisfazione?

Un progetto che ho seguito a Casarano (Le), la prima casa ex novo che ho costruito. Sono partito da zero e sono giunto al risultato finale: è stato un po’ l’inizio di tutto.

Ma in generale, sono tanti i progetti a cui mi lego, perché ci metto sempre l’anima in quello che faccio.